in questa pagina prenderà vita, giorno dopo giorno, una storia tanto intensa quanto fragile. Un amore nato per caso, cresciuto in silenzio tra turni, interventi e sguardi rubati. Una storia forte, vera, nascosta al mondo, ma impossibile da dimenticare. Ogni frammento che condividerò sarà un pezzo di cuore, una piccola scintilla di quella felicità improvvisa e di quel dolore che ancora brucia. Qui troverete emozioni, verità taciute e la forza di un legame che, pur non potendo essere vissuto fino in fondo, ha lasciato un segno profondo.
Un’incontro nato per caso, tra fiamme e sirene, tra chi spegne incendi e chi corre contro il tempo per salvare delle vite.
Due universi che si sfiorano, si trovano, si legano.
Un’amore nato in mezzo al caos, fatto di sorrisi rubati e complicità silenziose. Ma anche di distanze, scelte e un dolore che brucia più del fuoco.
DAY 1
Ore 7.00. La sveglia suona puntuale, come ogni maledetta mattina. Avrei dato tutto per restare tra le coperte, ma mi aspettava un corso d’aggiornamento antincendio. Il cielo grigio e la pioggia sembravano voler peggiorare tutto.
Arrivai in caserma bagnata, assonnata, con poca voglia. Due chiacchiere, una sigaretta, qualche volto noto. Poi finalmente ci fecero entrare. Ci accolsero due vigili: uno basso, con l’aria simpatica e buffa; l’altro più alto, distaccato, quasi infastidito dalla nostra presenza. Ci fecero firmare qualche foglio, e cominciò la lezione.
Ero distratta, come tutti. Il telefono tra le mani, lo sguardo che vagava. Ma poi, lui iniziò a parlare. Il vigile alto, quello che non aveva degnato nessuno di uno sguardo. La sua voce… una melodia inattesa, di quelle che ti entrano sotto pelle. Posai il telefono senza nemmeno accorgermene.
Aveva occhi strani, di un colore indefinito — tra il verde, il nocciola e l’azzurro. Il sorriso sembrava disegnato con cura, i lineamenti scolpiti, le braccia forti, il portamento sicuro. Passai il resto del tempo a guardarlo, a chiedermi perché mi colpisse così tanto. E quanto fossi sciocca a fantasticarci su.
Dopo la teoria, toccò alla pratica. Faceva un freddo cane. Eravamo bardati da capo a piedi. Uno a uno ci fecero spegnere un fuoco con l’estintore. Mi concessi una pausa e accesi una sigaretta. Lo osservavo con la coda dell’occhio: accompagnava le colleghe verso il fuoco appoggiando una mano sulla schiena. Professionale, ma gentile. Presente.
Quando arrivò il mio turno, sentivo il cuore impazzire nel petto. Mi vestii: giacca, tuta, guanti, elmetto. Lui mi guardò e disse solo: “Su su, che il fuoco non si spegne da solo.”
Spegnere le fiamme fu un attimo. Tornai al mio posto con un senso di vuoto strano. Fumai un’altra sigaretta e aspettai la fine.
Uscimmo. Lui parlava con una collega, troppo preso per notarmi ancora. Mi sentii stupida. Non sapevo nemmeno come si chiamasse. Ma qualcosa in lui aveva lasciato un segno dentro di me. Una sensazione strana, dolce e malinconica. Non volevo che finisse così.
Quando arrivammo al cancello, mi girai. Lo guardai e, con un sorriso, dissi: “Tranquillo, se mai dovesse succedermi qualcosa… chiamerò solo te.”
Lui mi fissò, stupito. Gli feci l’occhiolino e me ne andai.
Eppure, non riuscivo a togliermelo dalla testa. Il suo sguardo, la sua voce. Cercai ovunque — nomi, volti, elenchi. Niente. Come se non fosse mai esistito. Un fantasma con gli occhi più belli che avessi mai visto.
Alla fine scoprii qualcosa su di lui. Niente di utile, niente che potesse cambiare la realtà. Ma abbastanza per spegnere ogni fantasia.
Quella sera, feci una doccia e andai a letto con un peso che non riuscivo a spiegare. Non lo conoscevo, non mi conosceva, eppure aveva lasciato un’impronta profonda. Dormii poco, piena di pensieri, di immagini, di domande.
Il giorno dopo, tornai a lavorare. Ma dentro sentivo un vuoto, un’assenza che non sapevo nominare. Il mio solito sorriso sembrava sparito.
Eppure, come sempre, bastò il primo paziente per riportarmi nel mio mondo. Quello reale. Dove i sogni si piegano al dovere. E restano, semplicemente, a bruciare in silenzio.
day 1